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LA SCOPERTA DEL CONTINENTE - CONSIDERAZIONI SULL’ETA’ DI COLOMBO E SUE CONVINZIONI.

Enviado por   •  22 de Diciembre de 2017  •  2.906 Palabras (12 Páginas)  •  545 Visitas

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Nella sua insegna araldica al terzo inquarto, nel mare con le isole, volle figurasse, in basso, anche la Terra Ferma . Le cinque ancore da lui apposte nell’ultimo inquarto stavano ad indicare la sua dignità di Grande Ammiraglio del Mare Oceano, ma anche ad imitazione degli Henriquez, che erano già stati Ammiragli di Castiglia[21] .

Per Colombo un altro mondo non rappresentava un concetto solo geografico, ma anche escatologico[22] .

Agli occhi dell’Ammiraglio era la “Terra Nueva” e il Nuovo Cielo di cui parlava il Profeta Davide e che terminava :”. . . et fines orbis terrae verba eorum. . .” ove si fa riferimento ai confini del mondo [23]. Mondo che egli scoperse come protagonista, ma anche in qualità di semplice strumento della Divina Provvidenza, come ebbe anche a scrivere alla nutrice dei principi reali[24]. A lui era stato permesso infatti di giungere fino ad allora nessun uomo mortale era più stato dopo la cacciata dei Progenitori.

Egli si sentiva non soltanto l’oggetto, ma il centro di alcuni vaticinni, anche quelli che riguardavano le sorti finali, non molto lontane dell’umanità[25]. Tutto ciò che scopriva e osservava era già stato scritto, egli l’ha sempre saputo attraverso le Scritture Sacre.

Secondo Colombo, in una lettera ai Reali durante il suo terzo viaggio nel 1501, “I Profeti in ciò che scrissero, impiegavano differenti modi di dire, ponendo talvolta il futuro al posto del passato ed altre volte il passato al posto del futuro”[26] .

Infatti, l’Abate profetico calabrese del Duecento Gioachino da Fiore, da lui citato due volte nel suo “Libro de las Profecias”[27], riteneva che gli antichi Profeti della Bibbia “ ex parte videbant et ex parte prophetabant et nos adhuc ex parte videmus et hoc ipsum per speculum et in enigmàte”.

E nella cronologia da Adamo a Cristo del Vangelo di Matteo, riportata da Gioachino, le generazioni sono scandite dal sette e il settenario: ”Ab Adam usque ad Jacob fuere generationes viginti una (3 x 7 = 21), ab Jacob ad Christum generationes quadraginta duae (7 x 6 = 42). Similiter ab Ozia usque ad Christum generationes viginti una (7 x 3 = 21) et a Christo usque ad tempus tiranni sicut tenet opinio, quasi quadraginta duae” (7 x 6 = 42), ossia nei suoi multipli [28].

Colombo, da uomo del suo tempo, credeva nella potenza dei numeri e delle lettere, seguendo il pensiero di S. Agostino, per il quale “il numero era fondamentale di ogni armonia sensibile, poiché le leggi matematiche divine operano in tutti i rami della natura”[29] . Credeva sulla perfetta corrispondenza della verità scientifica con quella religiosa[30] .

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- Figuram disce et invenies veritatem in arcana verba, que non licet homini loqui (S. Paolo Ap.).

Ma in quei giorni, intorno al 15 agosto 1498, come viene notato, Colombo “stava per avere l’età in cui il Signore è contento, ossia quella di sette settimane di anni”. Nell’autunno del 1451, stava per compiere 49 anni, che è il prodotto di 7 volte 7 anni (7 x 7 = 49)[31] .

Ecco che ricompare il fatidico numero “sette” che assieme al “Venerdì” troviamo scandire le più importanti ricorrenze della vita di Colombo.

Oltre ai numerosi significati e riscontri del numero sette, emerge quello indicante la pienezza di un periodo di tempo compiuto in una fase, di un cambiamento dopo un ciclo concluso ed un rinnovamento positivo . “In septenariis totius mundus circumagitur. . . .” [32]. Infatti il settimo giorno Dio finì l’opera della Creazione

Sette secoli era durata la dominazione dell’Islam in Spagna, conclusasi con la caduta di Granada, ultima roccaforte nel 1492 e nello stesso anno in cui si erano avverate altre coincidenze quali la cacciata degli Ebrei, che con i Musulmani risultano sconfitti o assoggettati alla fede cristiana vittoriosa, unitamente alla grande impresa condotta da Colombo , portando la parola di Dio agli estremi limiti della terra, come era stato predetto in un passo del XVIII salmo di Davide [33].

Inoltre, tenendo conto dell’anno della sua nascita (1451), tutte le ricorrenze più importanti della sua vita sono informate dal “sette”. Per la prima volta egli aveva preso il mare a 14 anni (7 x 2); sappiamo che attese invano quattordici anni presso il re del Portogallo (7 x 2). Aveva 28 anni (7 x 4) quando entrò al loro servizio (1479) = 21 (7 x 3). Sette anni prima del 1492, ossia nel 1485 egli era giunto al monastero francescano della Ràbida; nel 1486 all’età di 35 anni (7 x 5) egli fu ricevuto per la prima volta dai Re Cattolici; il 1492 )sommando le sue cifre, dà 16 = 1 + 6 = 7); e nel 1493, sette anni dopo, era ritornato dal primo viaggio all’età di 42 anni (7 x 6), traversata che durò settanta giorni all’andata (7 x 10) e quarantadue (7 x 6) al ritorno; sette anni dopo, a quaratanove anni (7 x 7), nel 1500 ritornerà in Spagna incatenato. Il 1501, l’anno in cui egli con reale decreto si approva il “maggiorasco” e inviò ai Sovrani cattolici il suo “Libro de la Profecias”, dà per somma delle cifre il numero 7. Si aggiunga che egli morì nel 1506 il 21 (7 x 3) maggio alla vigilia dell’Ascensione di Cristo[34], pronunciando le sette parole: “Commendo anima mea in Manos Tuas, Domine”.

Anche nell’anno di nascita del figlio Fernando si ritrova il settenario: 1488 (5 + 16) = 21 = 3 x 7.

Il “venerdì” era il giorno della redenzione, il giorno della Liberazione del Santo Sepolcro, il giorno della resa di Granada, dopo 777 anni di dominio dei Mori.

Colombo, infatti, ricorda ben quindici date più importanti del 1492 e 1493, verificatesi di venerdì[35] . Ma questo è verificabile anche negli altri viaggi. In particolare prendeva il mare quasi sempre di venerdì[36] .

Inoltre è indubbio che Egli, come uomo del suo tempo, credesse nell’astrologia,. non ancora ben distinta dall’astronomia, modernamente intesa, e nella convinzione di trovare pure in essa conferme alla sua missione, che doveva iniziare – come in effetti iniziò – un’era di tempi nuovi per l’umanità [37].

Confermava in una lettera ai Sovrani, di essere sufficientemente esperto, fra altre discipline, anche di astrologia[38] e certamente come tutti i medievali, credeva nell’influsso degli astri sulle vicende umane. Ciò forse nel senso non deterministico, ammesso da S. Tomaso d’Aquino, secondo il quale “astra inclinant sed non necessitant” e gli uomini credono “propter evidentiam signorum”[39] e come già Tolomeo aveva affermato: “Homo sapiens dominabitur

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